Due autisti di Uber vincono anche in appello contro il gigante Usa
Prima partita persa per Uber. E’ quella legata ad una causa intentatale da due suoi driver: Yaseen
Aslam e James Farrar chiedevano di essere considerati veri e propri dipendenti (e non semplici
freelance) e la Corte ha dato loro ragione sia in primo grado che ora in appello. All’azienda
americana è stato dato torto dal Tribunale del lavoro ma probabilmente Uber cercherà di ricorrere
ancora.
Il rischio che la società della Silicon Valley vede all’orizzonte è quello di dover prima o poi cambiare il rapporto con gli autisti che usano la sua app. Secondo la giustizia britannica Uber deve riconoscere alcuni diritti fondamentali come il salario minimo, le ferie e la malattia retribuite, aspetti del rapporto di lavoro che la new economy ha via via spazzato via affermando un ‘trend’ che ha trovato sempre più diffusione. Negli ultimi due mesi ha avuto molta risonanza la vicenda che ha riguardato Uber a proposito della revoca della licenza per operare a Londra, anche se i tempi perchè il divieto diventi effettivo saranno piuttosto lunghi. Il prossimo mese è prevista infatti la prima udienza fissata in seguito alla decisione di Uber di fare appello contro la presa di posizione di Transport for London.
Secondo l’agenzia dei trasporti della capitale l’azienda di San Francisco non sarebbe più all’altezza di fornire il servizio perchè “non dispone dei requisiti indispensabili per agire come un operatore
privato”.
GMB, il terzo sindacato del Regno Unito, ha esultato per questa prima vittoria da parte dei due
driver che fanno parte della grande fetta di coloro che prestano il proprio lavoro come freelance. In
questo ed in altri campi infatti il freelance è facilmente soggetto allo sfruttamento data la propria
posizione poco garantita da tutele e misure di welfare. Chissà che questa prima battaglia vinta non
contribuisca a portare una maggiore regolamentazione in futuro.
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